venerdì 15 aprile 2016

LA MIA PASSIONE



Uffa...talmente presa dai pensieri, su come rimanere a galla in questo mondo dove tendono per forza a "zavorrarti", che mi son dimenticata di presentare o meglio presentarvi il nostro nuovo coinquilino; che poi tanto nuovo non è, perché è arrivato i primi di Agosto del 2015 :)

Matisse è il suo nome, voluto fortemente da mia figlia; sia il gatto che il nome.

Ma Matisse è stato un arrivo inaspettato.
In un caldissimo pomeriggio dei primi di Agosto, cercando di combattere una insopportabile canicola, dall'Appennino Emiliano chiama mia madre, in vacanza dalla sua amica, e mi racconta la storia di questo piccolo gatto (2 mesi per la precisione), che si era fatto 2 chilometri a piedi seguendo una coppia di turisti, sperando di poter essere preso in braccio e tratto in salvo!

C'è da precisare che questo gattino (Matisse), aveva già passato qualche giorno da solo nel bosco. Probabilmente abbandonato o scappato da una casa, perché le sue condizioni, stanchezza e fame a parte, erano ottime, quindi era un gatto "curato".

Così al telefono mia madre, intenerita da questo piccolo felino, mi chiede con voce compassionevole se poteva portarlo a Milano (da me) dicendomi: "...sapevo che Agata voleva un gatto, e visto che la mia amica non lo può tenere e che qui "poverino", tutto solo, come fa a procurarsi il cibo? Allora lo porto?..."
E che fai, ti tiri indietro ad una richiesta simile? E nel frattempo immagini a tutto quello che sarebbe potuto succedere a questo cucciolotto, se fosse rimasto tutto solo sull'Appennino Emiliano!!
Senza cibo, con gli inverni freddissimi, abituato già da mia madre e dalla sua amica, a dormire in casa e sul letto...
La risposta ovviamente è stata un sonoro:"...oh poverino! Dai ti aspettiamo con il gatto!..."

E così Matisse da Luglio è entrato a far parte della nostra famiglia, rendendo tutti molto felici!

Devo ammettere che Matisse è molto attivo all'interno del nostro nucleo famigliare, parla molto, gioca con gli elfi, e soprattutto...supervisiona tutto ciò che cucino, e non solo. E' parte attiva anche durante i miei esperimenti-set fotografici (come potete vedere dalla foto).
Non appena inzio a creare un set, prima mi osserva da lontano per vedere cosa sto combinando; poi lentamente inizia ad avvicinarsi ed annusando l'annusabile, inizia a muoversi con grazia tra i vari soggetti.

Differente è quando cucino, perché in quel caso mi fa da "aiuto cuoco". Si mette di fianco a me, stando ben lontano dai fuochi, ma...annusa, e soprattutto osserva attentamente tutto ciò che faccio. E se il profumo del piatto che sto preparando gli piace, allora si avvicina e mi chiama con la zampa.
Questo succede quando preparo piatti cotti; mentre per il crudo, il suo segno di approvazione è quello di sdraiarsi di fianco agli ingredienti ben impiattati!

Non è facile fotografare con lui, che spesso, scambia il set per un parco giochi; ma è grazie a questo suo giocare, che riesco a fare gli scatti migliori.
Tanti sfuocati, tanti fatti in contorsionismo, spiattellata sul pavimento a livello piastrella, contorta su di un lato...ma fotografarlo e fotografare (anche in queste condizioni) è troppo bello!!

Si mi piace davvero moltissimo, la fotografia, o meglio, mi piacciono da impazzire le immagini!

La fotografia è sempre stata una passione, molte volte nascosta e tenuta lì in un cassetto, dal quale ora ho tolto la polvere.
Una passione, questa, che ho preso da mio padre.
Lui era solito scattare tantissime foto, e ne ha fatte di veramente belle...Ma poi, e non so per quale motivo, decise di non fotografare più. Forse sarebbe molto più giusto dire che inziò a fotografare sempre meno, pur continuando a comprare nuove reflex (anche di ultima generazione).
L'ultima che ha regalato a me è stata una Canon 400D!

Così da brava figlia, soprattutto nell'appropriarsi delle cose altrui "della famiglia", inizia da prima con la reflex manuale,  una Minolta degli anni '70 per poi finire, recentemente con la Canon reflex digitale.

Una passione espressa sempre troppo timidamente (mi vergogno a volte girare per le strade e fotografare), a differenza del disegno o della scultura. E la decisone che ho preso, quest'anno, è stata quella di lasciarmi andare totalmente e sperimentare, provare, sbagliare, ma...esprimermi!

Un'espressione voluta dal profondo della mia anima, cercare un'immagine che possa esprimere ciò che sento o vedo, pur fotografando un mazzo d'asparagi o una fetta di torta.
So che questo nono è facile, ma è il mio intento...e spero con tutto il cuore di riuscirci. ^_^


giovedì 14 aprile 2016

I PRODOTTI DEL SOLE



Ebbene si!!!
Difendo il made in Italy!

Credo che molti di voi abbiano ormai capito, quanto io sia legata a questa terra, forse è meglio dire a questa Nazione.
Una Nazione piena di contraddizioni, di persone ,che forse non hanno ancora ben capito quanto noi siamo legati al territorio, ed alle nostre tradizioni.
Tradizioni diversificate dalle varie regioni, tradizioni queste, religiose, gastronomiche e culturali...che si sono tramandate di generazione in generazione; e che negli ultimi 20 anni abbiamo rischiato di perdere.
Potrei dire che nella città in cui vivo, purtroppo, la tradizione non esiste più. Ma forse più che tradizione dovrei parlare di tipicità.

La tipicità!
Nel dizionario il significato di tipicità è:  L’essere tipico: t. di un caratteredi un prodottodi un vinot. di un’espressione linguisticadi uno stile. 
Una definizione, questa,che rappresenta nella sua totalità, il nostro made in Italy; e per inciso qui, mi riferisco al cibo ed alle nostre tradizioni eno-gastronomiche (visto che questo è ciò che più mi interessa).
Scoprire piccole aziende e produttori legati alla loro terra di origine e alle loro tradizioni. Vedere in loro, e nei loro prodotti, la passione!

Credo che non ci possa essere niente di più autentico, che vivere della loro passione tramite i prodotti della loro (nostra) terra.
E questa azienda, di cui oggi vi voglio parlare, ne racchiude tutta l'essenza: tipicità, tradizione, amore.
Ma devo essere sincera con voi...non l'ho scoperta io, mi hanno scoperto loro!
Potevo forse esimermi dal provare i loro prodotti? Assolutamente no!
E così è stato.
Due chiacchere al telefono con Marcello, uno dei soci dell'azienda, il quale mi racconta di come (fortunatamente dico io), i giovani abbiano deciso di ri-tornare ad amare la loro terra, e a coltivarla come facevano o loro padri.  
I terreni di questa azienda, ULIVETO GRIFEO, si trovano a Casteldaccia; un paesino lungo la costa Palermo-Messina.
Il loro prodotto di punta è l'olio extra vergine di oliva, produzione questa che si tramanda da più di un secolo.
Quest'olio ha un colore verde intenso, molto profumato e morbido al palato; ottimo da mangiare crudo nelle insalate o in ottime bruschette, leggermente profumate all'aglio, per non coprirne il sapore. E se dovete preparare un sugo, questo riesce a sposarsi in modo armonico con la loro passata! 

Ma la produzione non è solo incentrata su questo prodotto, perché nei campi circostanti, sono coltivati limoni, arance e mandarini; con questi viene prodotta una fantastica marmellata. (come potete vedere nella foto)
Un'altra parte di terreno poi, viene coltivata per il fabbisogno famigliare, con la produzione stagionale di pomodori melanzane, cipolle, finocchi e angurie. 
Ma ULIVETO GRIFEO produce anche un'ottima passata di pomodori; dolce, profumata e aromatizzata al basilico...una vera delizia!
In questo periodo questa azienda ha appena finito di piantare i pomodori da passata, per la produzione autunnale. Se siete interessati ad acquistarla, anche solo per provarla, vi consiglio di contattarli e di prenotare la vostra-vostre bottiglie!!

ULIVETO GRIFEO non ha un e-commerce, ma potete contattarli tramite la lolo pagina facebook https://www.facebook.com/profile.php?id=100011451995729
Scrivete a loro un messaggio privato, e saranno felicissimi di rispondervi. 

Questa è la nuova generazione di coltivatori, e credo che meritino attenzione, perché il prodotto che hanno è davvero buono e merita attenzione!!






mercoledì 30 marzo 2016

DI CIOCCOLATO... SI PUO' FAR MALE




I miei "studi" fotografici proseguono, anche se a rilento, così come la cucina. Mi sto rendendo conto che ultimamente tendo a fare foto, che hanno un'atmosfera intima; credo che questo sia dettato dal momento che sto vivendo attualmente.
Un momento di piena riflessione e di decisioni da prendere, ma non solo...capire dove e come convogliare al meglio le mie energie e capacità; cercare di inventarsi nuovamente, senza perdere le forze, soprattutto mentali.

E tra un pensiero ed una foto, rilasso la mia mente con i piaceri (al cioccolato) del palato.

In casa nostra il cioccolato non manca mai!
Che sia cacao in polvere, in tavolette da 200gr o da chilo; che sia crudo o temperato. Questo per poter proporre in casa sia dolci vegan che raw.

Ma bisogna saper scegliere anche quando si compra questo alimento; eh si perché ci sono aziende, poco etiche, che pensando solo al loro guadagno, sfruttano la popolazione e soprattutto i bambini, dove questo "alimento" nasce.

Ed è soprattutto sui bambini che mi voglio soffermare, e il perché è molto semplice! Dobbiamo imparare a diventare consumatori consapevoli, capire e sapere non solo da dove proviene un determinato prodotto; ma sapere che il prodotto che noi acquistiamo non abbia causato sofferenze e sfruttamenti dall'altra parte del pianeta.
Cosa che purtroppo accade molto spesso.
Dicevo dei bambini...
Avevo visto un documentario e letto vari articoli sul web, dove raccontavano lo stato di schiavitù di questi piccoli, ceduti dalle loro famiglie, a volte anche rapiti, con il miraggio di un guadagno sulla pelle dei loro loro figli.
Questi bambini provengono dal Togo, Ghana, Nigeria, Camerun, Burkina Fasu e Costa d'avorio.
Bambini ai quali viene tolta la loro infanzia, costretti a portare carichi sulle spalle e frustati se solo cercano di riposarsi per la troppa fatica e che quotidianamente inalano sostanze tossiche, derivate dai pesticidi che vengono utilizzati nelle piantagioni di cacao.
E tutto questo per un pugno di dollari!!!

Per questo bisogna saper scegliere e bene quando si compra...

BROWNIE AL DOPPIO CIOCCOLATO

per la base

8 datteri madjoul
1 pugno di mandorle
1 cucchiaio di burro di cocco sciolto
1 presa di vaniglia
1 cucchiaio di polvere di cacao crudo

per la glassa

1/2 tazza di pasta di cacao crudo liquor (cioccolato)
1/2 cucchiaio di olio di cocco sciolto
2 cucchiai di succo d'agave
cannella q.b

ATTREZZATURA

stampo quadrato di 20x20

PROCEDIMENTO

Nel frullatore inserisco tutti gli ingredienti e frullo fino ad ottenere una impasto lavorabile. Con questo impasto rivesto il fondo dello stampo e metto in frigo.
Nel frattempo preparo la glassa e sciolgo il cioccolato a 42°, inserisco poi l'olio di cocco, il succo d'agave e la cannella. Mescolo bene fino a quando non si sono amalgamati bene tutti gli ingredienti.
Verso ora la glassa sopra alla base e lascio lo stampo in frigo per 5 ore.
Passato il tempo di riposo, lo divido in quadrotti e servo


Dopo questa ricetta...vi lascio alla visione di questo documentario sullo sfruttamento dei bambini per la coltivazione e raccolta del cioccolato.
Buona visione :)




mercoledì 9 marzo 2016

IL CALORE DI UNA ZUPPA



Oggi navigando su Facebook, mi sono felicemente soffermata su questo articolo di Sara Cargnello.
L'articolo, che per altro vi suggerisco di leggere, parla di come l'intolleranza all'ISTAMINA (pur seguendo un'alimentazione crudista), possa comunque creare notevoli disturbi al corpo.

 Dopo aver letto attentamente, ho parlato con Sara, raccontandole brevemente del mio problema cutaneo, che mi affligge da anni. Praticamente sulle guance e soprattutto sulla sinistra, permangono dei puntini rossi, che a volte si gonfiano e provocano un sacco di prurito. Parlandole brevemente via chat, e documentandomi ulteriormente, pare che l'istamina contenuta nei cibi possa creare questo disturbo.

Ma che cos'è l'istamina?
L'istamina è una sostanza che si trova in quasi tutti gli organismi, sia vegetali che animali; ed è presente anche nel corpo umano.
Questa sostanza è stabile sia al caldo che al freddo, resiste benissimo al calore ed al congelamento, non si modifica e rimane stabile.
Solitamente questa sostanza viene degradata velocemente, dal nostro organismo, grazie ad un enzima DIAMINOSSIDASI (DAO).
Questo enzima, presente nell'intestino tenue, aiuta ad evitarne l'assorbimento nel nostro corpo.

Ma purtroppo non per tutti è così, perché quando questo enzima non funziona bene, iniziano a comparire i vari sintomi (che per ogni persona sono differenti) dell'intolleranza a questa sostanza.

E dermatite e orticaria non sono gli unici problemi di questa intolleranza. Si possono manifestare: emicranie, gonfiori addominali, nausea, vampate di calore ed altri sintomi ancora.

Ed allora vi potrete chiedere, perché un post di una zuppa di funghi?
Eheheheh...perché con mio grandissimi rammarico, pare che i funghi (e non solo quelli) contengano istamina, e questo alla pelle del mio viso pare non piaccia poi tanto.

Considerando che questi puntini mi accompagnano da parecchi anni, ho deciso di provare (da oggi), a togliere tutti quegli alimenti che ne contengano; e già che ci sono, esagero, e faccio anche il test per l'intolleranza al nichel!!

Vi lascio comunque la ricetta della zuppa, non credo siano in molto a soffrire di questo "enzima" che lavora male; ma se così fosse, basta sostituire gli alimenti che contengano poca istamina.


INGREDIENTI

4 funghi cremino puliti e messi a marinare per 20 minuti
2 cucchiai di cavolo cappuccio tagliato a julienne

per la marinatura

il succo di 1/2 limone
1 cucchiaio di salsa di soia
1 cucchiaino di olio
1 fesa piccola di aglio

per la zuppa

Preparo una crema che posso diluire ed utilizzare per molte zuppe, una specie di dado crudo, un insaporitore.

nel boccale del frullatore ad immersione metto:
1 cucchiaio di miso
1 cucchiaio di tahini
1 cucchiaio di salsa di soia
1 spicchio di aglio
1 cucchiaio di acqua
Frullo bene tutti gli ingredienti fino a quando non raggiungo la consistenza di una crema; la metto in un vasetto e la conservo in frigo. Si mantiene anche per 3 settimane.

Preparo ora i funghi da marinare. Lavo bene i funghi e li taglio a fettine sottili; in una terrina metto tutti gli ingredienti della marinatura, mescolo bene ed aggiungo poi fuunghi, lasciandoli riposare.
Taglio ora a julienne il cavolo capuccio con una mandolina e lo metto da parte.

Ora preparo la zuppa, e metto in una tazza 1 cucchiaio di crema; scaldo dell'acqua a 42° che verso poi sulla crema, in modo che questa si sciolga bene. Aggiungo prima il cavolo cappuccio e successivamente i funghi marinati, privati della marinatura in eccesso e servo.

mercoledì 2 marzo 2016

RITORNO ALLA TERRA



Rifletto su ciò che voglio scrivere in questo post, perché desidero scriverlo bene.
Perché "voglio" che le mie sensazioni possano arrivarvi in modo diretto e chiaro, ma soprattutto perché vi possa arrivare dritto al cuore, il sentimento che provo verso la terra.
Terra intesa non come pianeta, ma come terreno che ci sostiene ed alimenta, una terra fertile, che profuma ad ogni cambio di stagione e che con questo è capace, ancora, di donare.

Una grande madre, la cui esistenza e capacità di rigenerarsi viene troppo spesso dimenticata.

Una terra per troppo tempo sfruttata, deturpata, violentata dal mercato dell'agroalimentare, dall'incuria e dalla superficialità.
Un'abbandono intellettuale e fisico, avvenuto in questi ultimi trent'anni, che ha portato (come recenti storie di cronaca dimostrano) ad incidenti gravissimi, dati dall'abbandono del territorio, per spostarsi verso il miraggio della grande città e quindi di un lavoro più remunerativo e molto spesso meno faticoso a livello fisico.

Qualcosa, fortunatamente, in questi ultimi 10 anni sta cambiando, e i dati parlano chiaro!
Sarà perché la crisi a livello economico si stringe come una morsa al nostro collo, impedendoci di respirare a pieni polmoni, sarà la voglia di dare una svolta alla propria vita, sarà probabilmente la voglia di sentirsi appartenere alla propria terra. Questo ha spinto, e spinge, molti giovani e non solo (parliamo di un'età compresa tra i 35 anni e 50), a tornare nel proprio territorio.

Ritornare alla terra con una concezione di questa più ampia, più evoluta, legando la tradizione alle nuove tecnologie, cercando di impattare il meno possibile con l'ambiente circostante. Rendere nuovamente fertile il suolo, dopo anni di sfruttamento con concimazione chimica e monocolture dettate dalla richiesta del mercato, è la strada da seguire.

Tradizione, innovazione e consapevolezza portano queste nuove generazioni a coltivare e produrre, sganciandosi dalle regole del mercato che li renderebbe schiavi del prezzo.

Piccole aziende agricole, piccoli laboratori di produzione (anche a conduzione famigliare), piccole eccellenze, legati alla propria territorialità, e che rendono grande questo Paese.

Prodotti unici, sapori ricercati, e soprattutto qualità.

(Ringrazio per la foto Vito Faraci)




domenica 28 febbraio 2016

PUR COL FREDDO...SI SPAGHETTA!



Questo è un periodo davvero particolare, e non parlo solo a livello personale, ma intendo proprio a livello climatico e di conseguenza della natura che ci circonda.

Abbiamo avuto un inverno praticamente mite, pioggia praticamente assente, di neve nemmeno l'ombra. Pare sia stati l'inverno più caldo degli ultimi duecento anni. Ma non sono io a dirlo...Ieri sera stavo guardando, con curiosità, il programma Scala Mercalli, sul terzo canale "statale".

Programma davvero interessante, se non fosse, per il magone che, a fine programma, ha velato cuore e occhi!

Bene o male, dal programma è venuto fuori che: i nostri ghiacciai spariscono ogni anno di un metro (tantissimo), ecosistema e tutto quello che circola intorno sta andando a farsi benedire; per non parlare del ghiaccio permanente che, non solo si trova in Siberia, ma anche nelle grotte di casa nostra, si sta praticamente sciogliendo alla velocità della luce, creando un vero problema a livello di inquinamento del pianeta.

E perché? domanderete voi!

Perché oltre agli allevamenti intensivi, che non solo prosciugano le acque per dar da mangiare ai poveri animali per farne bistecche, il ghiaccio permanente contiene al suo interno un'alta percentuale di Co2. Così succede che questo, quando inizia la sua fase di scioglimento, emana nell'atmosfera una grossa quantità di questo gas!

Mica male eh?!

E tutto questo è dato praticamente, dal nostro consumo di energia, che sia fossile, elettrica o quant'altro.

In paesi in via di sviluppo, e non solo (si vedano gli emirati arabi ad esmpio), hanno un consumo tale di queste energie che praticamente, per la loro ingordigia, stanno mandando a "ramengo" il nostro pianeta!
C'è da dire anche che negli anni precedenti, nazioni come Stati Uniti ed Europa hanno insegnato veramente bene a come sfruttare la terra, per il proprio interesse, fregandosene altamente delle conseguenze che questo poteva comportare, e che a tutt'oggi ancora ne subiamogli effetti!

I vari trattati che hanno fatto negli ultimi vent'anni hanno portato a ben poco, anzi paradossale è che con l'aumento delle precauzioni, e del tentativo di salvaguardare il pianeta, il calore e le immissioni di gas siano aumentate!

Si spera veramente che con il Congresso di Parigi, svoltosi appunto nella capitale francese, lo scorso dicembre, e con il benestare di tutti i capi di Stato presenti, qualcosa possa cambiare davvero. (ho dei seri dubbi).

Mi viene in mente una frase che, tristemente, l'altra mattina ho detto a mio figlio. Lui mi ha chiesto se per caso non ci fosse ancora smog nell'aria ed io, arcuando leggermente le spalle e guardando fissa a terra, cercando di tranquillizzarlo gli ho risposto di stare tranquillo, perché stava piovendo,  e la pioggia stava portando via lo smog!

Certo!!... che poi quest'acqua va in terra, per andare poi nelle falde acquifere, per essere poi queste acque "ripulite" chimicamente...
Un bel quadretto non c'è che dire!!

Ma tornando al clima mite di quest'inverno; per me non è stato mite affatto; sarà probabilmente la tiroide, che ogni tanto bussa alla porta del mio corpo, per farmi capire che lei c'è, esiste, e vuole essere ascoltata, e che io la devo trattare bene (con il cibo).
Tutto questo per dire che anche se colonnina di mercurio segna 10° all'esterno, io ne percepisco -2!!

E visto che sono una persona "temeraria", e che soprattutto vuole dar retta alla sua tiroide, ho pensato di preparare degli spaghetti di daikon con un pesto di cavolo nero, pomodori essiccati, e delle olive nere per guarnire!
Si lo so molti potrebbero storcere il naso, nel leggere il pesto di cavolo nero, ma visto che non siamo tutti uguali, e che ogni fisico reagisce a suo modo, il cavolo nero o meglio le brassicaceae (o crucifere), alla mia tiroide le fanno un baffo! Peggio è se mangiassi cotto, ve lo posso assicurare; inizierei ad avere delle vampate di calore, senso di spossatezza e bruciore ai muscoli, come se avessi la febbre!
Credo che ascoltarsi, ascoltare i messaggi del nostro corpo, sia la cosa migliore, per capire cosa e come dobbiamo mangiare.
Chissà magari farlo anche con la terra e i messaggi che ci manda da secoli non sarebbe poi tanto male; ma purtroppo si sa, spesso l'essere umano pecca di gola!

martedì 23 febbraio 2016

NUOVE RICERCHE



Un periodo questo, dedito alla sperimentazione fotografica.
Sono sempre stata appassionata di fotografia...Ricordo che in Accademia a Bologna seguivo un corso del fotografo e professore Ken Dami, tutt'ora esistente con un suo museo, il Museo Ken Dami a Brescia.
In quel periodo seguire la fotografia era, per me, troppo dispendioso a livello economico. Avevo una vecchia Minolta di mio padre, me la cavavo benino, ma le richieste del professore erano davvero tante. Avevo infatti saputo che alcuni studenti del corso, erano arrivati a spendere la bellezza di "un milione" delle vecchie lire (pari a 500€ attuali), per seguire tutto ciò che lui chiedeva.
Non a caso al mio esame presi un bel 18 secco!!
Ma questo non mi demoralizzò nel proseguire, nel mio piccolo questa mia passione.

Così a distanza di tempo mi ritrovo oggi, a continuare la mia ricerca, anche se incentrata sul cibo; ma non disdegno anche architetture o scene di vita quotidiana, magari rubate all'insaputa del soggetto!

Quindi per ora mi dedico alla ricerca, alla sperimentazione, a creare ancora ricette, per poter essere fotografate e sviluppate al meglio.

P.s si accettano commenti, che per me sono sempre spunto di riflessione e di confronto (se non ci sono insulti o cattiverie) ;)

SUCCO ROSSO

INGREDIENTI per 1 persona

1 barbabietola cruda
2 coste di sedano
1 carota
1 limone
1 pezzetto di zenzero (che disinfetta la gola ed aiuta l'apparato digerente)

ATTREZZATURA
Estrattore

PROCEDIMENTO

Pulisco bene tutta la verdure e pulisco il limone privandolo della scorza, ma non la butto via; la tengo per poi essiccarla e frullarla, in modo da avere della polvere di scorza, sempre pronta per preparare dei dolci o aromatizzare dei piatti.
Taglio poi la verdura a pezzi e inizio a metterla nella bocca dell'estrattore. Una volta ottenuto il succo servo e bevo subito.
Questo è un succo rimineralizzante, data la presenza della barbabietola, ed anche drenante con la presenza del sedano.

lunedì 15 febbraio 2016

NULLA E' COME SEMBRA


Quest'anno ho provato a cimentarmi nella ricetta delle frittelle lievitate.
Niente chiacchere, niente frittelle, ad impasto morbidissimo, con uvetta; ma una pasta lievitata profumata al limone e  vaniglia.

Queste frittelle hanno riportato la mia mente a quando ero bambina, e passavo le domeniche da mia zia Rosetta; zia da parte di padre, con origini calabresi e trapiantata, per motivi lavorativi del padre (mastro gelataio al bar Basso), a Milano negli anni '50.

Mia zia viveva nelle case popolari di Giambellino, noto quartiere soprattutto negli anni sessanta e settanta per la "mala" milanese, che in quel periodo faceva sentire, in maniera forte, la sua presenza.

Passare la domenica a pranzo da zia Rosetta, era diventato un appuntamento fisso; soprattutto dopo la scomparsa di zio Marco.
Ricordo ancora i suoi sughi, e come di nascosto io e mio padre, entravamo in cucina, per rubare una fetta di pane pugliese,ed intingerla in quel sugo ancora fumante, con ustione del palato assicurata!
Ma correvamo il rischio, pur di placare fame e voglia di sapori veri!!

Una domenica come tante, a trovare mia zia, dentro di me (piccola bimba di otto anni), pensavo non ci fosse poi nulla di particolare, una domenica come tante...
Ma con mio grande stupore, la trovai nel cucinino della sua piccola casa, chinata sul tavolo ad impastare e ad unire dei cilindri sottili e lunghi, per poi adagiarli nell'olio bollente e passarli successivamente nello zucchero. Una luce fredda entrava dalla piccola finestra ed illuminava il tavolo, sul quale era appoggiato un canovaccio bianco, usato per fare lievitare quelle splendide frittelle che lei usava fare con le patate.

Una domenica come tante...come mi sbagliavo!
Nessuna domenica era come tante, erano domeniche di scoperta, di profumi decisi e forti, come la terra dalla quale proveniva mia zia, erano domeniche che sarebbero rimaste indelebili nei miei ricordi; e queste frittelle lo testimoniano.

I ricordi possono materializzarsi, ed il cibo ci aiuta in questo; sono macchine del tempo, come le foto (frase citata da mio figlio).


PICCOLE FRITTELLE LIEVITATE

INGREDIENTI

150gr di farina integrale
50gr di farina di riso
4 cucchiai di zucchero di canna
15 gr di lievito di birra
5 cucchiai di olio di semi di girasole
1 tazza e ½ di latte (170ml circa)
la buccia grattugiata di 1 limone
1 presa di vaniglia
olio di semi di arachidi per friggere
zucchero di canna per decorare

PROCEDIMENTO

Sciolgo il lievito di birra in ½ tazza di latte. Nel frattempo setaccio 100gr di farina
Aggiungo il  latte poco alla volta ed impasto, fino ad ottenere un impasto morbido ed omogeneo.  Se dovesse risultare troppo sodo, aggiungo altro latte. Metto poi la terrina in un luogo tiepido e lascio lievitare l’impasto fino a quando non raddoppia del suo volume.
Metto ora in una terrina lo zucchero, l’olio, la buccia di limone, la vaniglia ed il resto del latte. Lavoro tutto con una frusta fino a quando non ottengo un composto chiaro e spumoso.
Incorporo questo impasto alla pasta lievitata, lavorandola un po’., se fosse troppo liquido aggiungo altra farina. Aggiungo ora la farina rimasta e lavoro a lungo (10 Minuti), fino a quando questo impasto non risulta morbido ed elastico. Copro e lascio lievitare per 1 ora. Riprendo nuovamente l’impasto, lo lavoro ancora un pochino e formo dei cordoncini spessi 1 centimetro lunghi 10 cm. Unisco poi le estremità formando delle ciambelle che lascio riposare per 15 minuti.
Friggo le ciambelline che devono poi risultare dorate, e le lascio scolare su della carta assorbente.

Una volta raffreddate posso decorarle con dello zucchero di canna o con dello sciroppo d’agave.



mercoledì 10 febbraio 2016

UN CONTENITORE PARTICOLARE...DI EMOZIONI



La vita ti porta veramente a riflettere, volente o nolente, lo devi fare!

Inciampi di percorso, esperienze che segnano il tuo cammino, che siano positive o negative, in base alle persone con le quali le condividi. E tutto questo ti porta a riflettere; a chiedersi in che modo abbiamo commesso errori, che siano questi di valutazione o comportamentali.

Tutto questo però succede quando credi talmente tanto in quello che fai, che dai anima e cuore, in un progetto nel quale credi, e sei disposto a sacrificarti e sacrificare i tuoi affetti, per questo o quel progetto. Ma banalmente, perché noi umani siamo banali, tutto si frantuma quando ti scontri contro chi non comprende, contro chi ambisce e spinge al massimo, quando non ne ha le capacità cognitive e culturali. Questo purtroppo, tutt'oggi, succede troppo spesso.

Ed allora rifletti!
Rifletti e cerchi una via d'uscita a questa morsa, senza scervellarti poi troppo, altrimenti ne va della propria salute mentale.

Così arrivi poi alla conclusione che...si impara sempre. Non si è mai grandi abbastanza, non si è mai lungimiranti abbastanza, e soprattutto non si è mai abbastanza scaltri.
Ma ciò che si impara veramente, credo, è quello di rimanere sempre fedeli alla propria natura, al proprio cuore, e che non serve umiliare gli altri, se gli altri ti hanno o umiliato; non serve aggredire se ti hanno aggredito. Ciò che serve è proseguire sul proprio cammino, apprendere e conoscere da chi è più simile a te, e che riesce a farti notare gli errori, i tuoi errori, con pazienza senza imposizioni, che spesso diventano ricatti!




martedì 2 febbraio 2016

TORTA AL DOPPIO CIOCCOLATO



Questo per me è davvero un periodo intenso, soprattutto mentalmente, lavoro davvero un sacco!
Penso a tutto, forse troppo e a troppe cose contemporaneamente...
Il tempo scivola, diventa impercettibile, minuti e secondi sembra non esistano più, per non parlare delle ore.
Mi ritrovo con tante cose da fare, ma poco tempo per poterle attuare; e vorrei farne ancora di più, perché c'è sempre tanto da scoprire e da imparare.

Ma gli impegni famigliari, quelli lavorativi, quelli del "dovrei e vorrei fare"ti portano a fine giornata, e così le tue aspettative, perché di questo poi si tratta, vengono infrante.

Credo sia questo il modo sbagliato di affrontare la giornata, e forse anche la vita...credo. eh!?
Avere troppe aspettative, pensare che se si arriva in ritardo...il mondo possa finire in quell'istante, morirò e non avrò potuto : dire, fare, baciare, lettera e testamento!!

Ecco!

In queste poche righe, c'è un mio pensiero di fondo, che è maturato in questi anni: CHISSENEFREGA! (e perdonate il tono colorito).
Per questo sto decidendo seriamente, di prendermela con un po' più di calma, far in modo che il tempo diventi un compagno di vita con il quale condividere nuove esperienze e non un nemico da combattere, anticipandone le mosse.
Certo vivere poi un una pseudo-metropoli, come MILANO, rende questo mio obbiettivo un tantino arduo, ma voglio provarci. Voglio riprendermi il mio tempo, quello da dedicare alla mia famiglia, ai miei figli, alle cose che più amo fare, che sono tutto ciò che di creativo esiste su questo pianeta per potermi esprimere al meglio (ne ho la necessità).

Ed con queste righe, con questi pensieri, con i quali mi sono aperta a voi, voglio salutarvi con questa ricetta.
Credo che un blog serva anche questo no? Diciamo un mezzo che permette al confronto, se ci si vuole confrontare, crescere e capire; perché si impara e si cresce sempre...sempre!


TORTA al DOPPIO CIOCCOLATO con MOUSSE di SUGARLESS ( che trovate nel suo libro e ne suggerisco l'acquisto)

per la torta

1 stampo da 20cm infarinato

100gr di farina integrale
50 gr di farina di riso
50 gr di farina 0
3 cucchiai di zucchero
3 cucchiai di cacao setacciato
1 bustina di lievito per dolci
1 punta di cucchiaino di bicarbonato
50 gr di scaglie di cioccolato fondente
1 presa di vaniglia in polvere
1 presa di sale
3 cucchiai di olio di semi di girasole
250 ml latte di soia

procedimento

Preriscaldo il forno a 180°
In una terrina metto tutti gli ingredienti secchi, comprese le scaglie di cioccolato,e mescolo bene. Aggiungo poi gli ingredienti liquidi, prima l'olio e poi il latte di soia. Verso il composto nello stampo e cuocio a 180° per 30 minuti. Una volta pronta la torta la tolgo dallo stampo e la lascio raffreddare su di una gratella.

per la mousse

tanto ghiaccio
300gr di cioccolato fondente al 70%

Qui parte una spiegazione un po' complicata; praticamente per fare la mousse è importante controllare i grassi presenti nel cioccolato fondente. Questi grassi li trovate, solitamente, nel retro della confezione  alla voce "grassi".
Questo calcolo che andremo a fare, permette di sapere il quantitativo di acqua necessario per far si che si possa ottenere una bella e solida mousse.
Quindi moltiplico la percentuale di grassi per la quantità di grammi del cioccolato che utlizzo, e alla fine si divide tutto per 34.
Di solito io uso un cioccolato fondente con una percentuale di grassi al 31%, e l'acqua che adopero è di 270ml.

Ora per preparare la mousse, e dopo aver fatto tutti calcoli del caso, sciolgo a bagnomaria il cioccolato insieme all'acqua. Una volta sciolto bene il cioccolato, lo metto in un boccale cilindrico (poi vi spiego perché), uso quello del frullatore ad immersione. Preparo una pentola capiente e la riempio di acqua e ghiaccio. Metto poi il contenitore nella pentola, e con una frusta elettrica inizio a montare il cioccolato. Questa operazione dura all'incirca dai 15 ai 20 minuti. Perché più l'acqua è ghiacciata e meglio è!
Quando vedo che il cioccolato inizia a rassodare e a cambiare colore, lo metto in un contenitore e lo lascio riposare e ad addensarsi ulteriormente in frigorifero; più tempo ci passa e più diventa bella solida.
Passato il tempo di posa in frigorifero, posso farcire la torta.
Ah dimenticavo...uso un contenitore cilindrico, perché mi permette di non schizzare cioccolato dappertutto!




mercoledì 20 gennaio 2016

GOCCIA DOPO GOCCIA

In un pomeriggio d'inverno, particolarmente luminoso, mi sono ritrovata a scattare questa fotografia. Inizialmente pensavo di accompagnare questo vino, ad un brasato di verdure. 
I brasati, tipici piatti invernali, strutturati, caldi, confortanti; magari accompagnati da una polentina di mais o di miglio (che non guasta mai).
Vederlo fumante, e sentirlo ancora caldo, quasi bollente, percepirne gli aromi dei vapori.
Ma poi tra me e me, mi son detta che forse poteva quasi essere scontato presentare una ricetta di un brasato; siamo in inverno, prepariamo pietanze "bollenti", se non addirittura ustionanti! 
Così ho voluto rischiare.
Accompagnare questo vino ad un dolce Raw al cioccolato. Un dolce che potesse valorizzare al meglio la struttura di questo vino, che non ha molte prestese, se non quello di saperlo "ascoltare" in tutti i sensi.

So che non è facile accostare un dolce al cioccolato con il vino rosso. Anche perché hanno tutti e due strutture molto decise, e per quanto riguarda il dolce, solitamente prodotto con uova e burro, la struttura è ancora più decisa ed intensa, pur risultando morbida al palato.

Ma in questo caso si tratta di un dolce crudo; un quadratino con una base di frutta secca e frutta secca oleosa ricoperto con una crema di cacao crudo e latte di cocco.
Potrebbe essere un abbinamento azzardato, ed infatti lo è; ma vi assicuro che la morbidezza di questo vino, si accompagna perfettamente al tono secco e deciso di questo dolce.

Goccia è un vino morbido, come ho scritto sopra, ma al contempo molto profumato , dai toni speziati e fruttati (mi ricorda infatti la ciliegia). Si potrebbe dire che è un vino pacato, ma che sa, per chi riesce a percepirlo, emanare a tratti, profumi di sentieri bagnati. 
Avete presente quando si è nei boschi, dopo che ha piovuto, e ci sono le foglie per terra, e si sente quel profumo intenso di natura? Questo è ciò che ho percepito da Goccia, e che spero possiate percepire anche voi.


Per il dolce al cioccolato 

INGREDIENTI

per la base

8 datteri
1/2 tazza di mandorle
1 cucchiaio di cacao crudo in polvere
1/2 cucchiaio di olio di cocco fuso
1 presa di vaniglia

per la crema al cioccolato

1 tazza di latte di mandorle
60 gr di cioccolato crudo
3 di succo d'agave
3 cucchiai di olio di cocco fuso
granella di nocciole per decorare

PROCEDIMENTO
Inserisco tutti gli ingredienti nel boccale del frullatore, e frullo fino a quando ottengo un impasto lavorabile con le mani. 
Con questo impasto rivesto il fondo di uno stampo quadrato, ma anche rotondo va bene, e lo metto in frigo a riposare. Nel frattempo preparo la crema di cioccolato; sciolgo a bagnomaria il cioccolato, quando è completamente fuso, aggiungo il latte di mandorle, e tutti gli altri ingredienti. A questo punto riempio con la crema lo stampo, che avevo messo in frigo. Ora lo lascio riposare in frigorifero per tutta la notte. Passato il tempo di riposo, e quando la crema sarà ben solida, lo decoro con la granella di nocciole. 
Si mantiene in frigo per 10 giorni.

Il vino goccia lo potete trovare qui

venerdì 8 gennaio 2016

METTI UN POMERIGGIO SQUISITO DA...SQUISINI

A volte capita che, partecipando ad un evento di Vegan Italy (rivista del settore vegan), buttando una frase, si possa poi creare un incontro speciale, in un posto speciale.

Questo è ciò che è successo il 13 dicembre a Milano, zona naviglio, e precisamente in Via Col di Lana 12: un incontro tra foodblogger.
In un cortile interno, della vecchia Milano, praticamente nascosto, se non fosse per il nome sul citofono, esiste questo laboratorio-negozio.

Essendo in pieno centro, vi consiglio vivamente di prendere i mezzi, il tram n°9  (capolinea Porta Genova Linea 3 della metro),vi porta proprio di fronte al portone. Un portone enorme, di legno. con a fianco la tastiera del citofono in ottone; basta suonare ed entrerete in un cortile, un po' anonimo; forse il frutto delle ristrutturazioni degli anni passati, ma proseguendo, andando fino in fondo e scendendo le scale sulla destra, vi immergerete in una situazione totalmente diversa e calda.





Non conoscevo questo posto, e devo ringraziare tantissimo una mia cara conoscenza; devo dire che i social network danno la possibilità di conoscere persone molto interessanti!

Appena varcata la soglia dell'ingresso, io e mia figlia ci siamo semplicemente immobilizzate per ammirare questo locale; semplice, dalle luci calde, ed i tavoli in legno. Poche cose per arredare, ma scelte con cura, essenziali, senza troppo chiedere. Un arredamento modern vintage, con pochi mobili e tavoli, anche perché il negozio-laboratorio è pensato più che altro come un take-away. La zona di sosta, infatti, è rappresentata da un grande tavolo sulla sinistra, ed una mensola di appoggio sulla destra, con qualche sgabello, per chi vuole gustarsi le "bolle"  in comodità.




Ed eccoci al punto focale: il prodotto, la bolla di pane ripiena!

Ed è questa la novità, perché queste bolle di pane, non solo sono preparate con ingredienti biologici e di qualità, ma sono anche suddivise per regioni. Eh già avete letto bene, perché la filosofia e peculiarità di Squisini, è quella di portare regionalità e tradizione all'interno di una "bolla di pane". Ma cosa ulteriormente interessante, è la presenza nella loro offerta, delle "bolle di pane"vegan!
Quindi una tappa "obbligata" se doveste trovarvi da quelle parti, suonate al citofono ed immergetevi nel calore delle bolle Squisini.







sabato 2 gennaio 2016

ZUCCA : RICORDI di MANTOVA

Ogni volta che vedo una zucca, una zucca mantovana, immancabilmente la memoria mi porta a quella città: Mantova.
Un periodo molto difficile della mia vita; sbalzata dalla grande metropoli, Milano, per finire in quella che si potrebbe definire una cittadina di provincia (ai tempi faceva 50.000 abitanti). La difficoltà di inserimento,  trovare persone con  chiusure mentali di chi ha paura di provare e di lasciarsi andare a nuove prospettive; una marcata appartenenza alle proprie radici e tradizioni. Per me cose assolutamente nuove, perché in una "metropoli" come Milano, queste cose, già quindici anni fa, non esistevano più, se non nelle campagne più sperdute. Non sentirsi appropriate ad una cittadina, alle persone, alla loro cultura; aprirsi per poi sentirsi ingannati. Percepire, da parte loro, un senso di competizione, che per me era del tutto nuovo...Cercare di sembrare i migliori, criticare il criticabile, nascondere, nascondersi, o voler farsi vedere a tutti i costi.

Tutto questo, per me, era inconcepibile!

Eppure ho vissuto quindici anni della mia vita, cercando ogni giorno, di trovare sempre e comunque, qualcosa di positivo, che mi potesse far andare avanti nel mio quotidiano.

Certo l'ho trovato! Ho trovato delle persone, con le quali ho legato, e sono molto poche; con le quali mantengo ancora dei contatti.
Ma ho trovato anche tanto in quella città!

Cittadina medioevale, che ha vantato molteplici lustri, grazie alla famiglia dei Gonzaga. 

La storia dei Gonzaga è davvero molto interessante, e passeggiando per le vie di questa città, se ne respira ancora la presenza. Ma il personaggio al quale mi sono affezionata di più è sicuramente Isabella d'Este, donna di notevole cultura e grazia; ma credo che la lettura del libro "Rinascimento Privato" di Maria Bellonci, abbia influito ulteriormente a questa mia affezione. In questo devo anche ringraziare una mia cara amica, che lavorava al laboratorio di restauro del Palazzo Ducale, la quale mi raccontava spesso aneddoti riguardanti i Gonzaga, Isabella e il suo studiolo.

Studiolo che ho potuto visitare più di una volta, andando a trovare, questa mia amica, in pausa pranzo. 
La magia di quel Palazzo, lo studiolo di Isabella, dove Pico della Mirandola ed altri illustri dell'epoca, passarono; la camera degli sposi vista durante un pomeriggio d'estate, in totale silenzio ed ammirazione, poiché chiusa al pubblico. Le tende leggermente abbassate, che facevano entrare quel poco di luce, tanto bastava per poter ammirare in silenzio la magnificenza degli affreschi del Mantegna. Il calore dei pavimenti di cotto, ormai consumato dalle molteplici visite dei turisti.

La magia.

Si perché Mantova è una città magica, come lo è la sua campagna. Le nebbie del mattino, i profumi intensi della terra, i laghi di Mantova. 
Quei laghi dove la città si specchia al mattino avvolta dalla nebbia, ed anche d'estate quel sottile velo biancastro all'orizzonte, per non farti dimenticare che sei in campagna.

I campi, i loro frutti, il lavoro, i meloni dolci di Viadana e la zucca di Mantova.

Non voglio parlare qui, dei loro allevamenti, della caccia, e dell'inquinamento che purtroppo affligge quella città; voglio tenerla con me per quello che, " in una di città", fino ad allora non avevo mai visto ed imparato.

La natura in tutto il suo splendore. 

Gli animali selvatici, le volpi, i fiori di campo, gli asparagi selvatici, che le mie zie andavano a raccogliere nei campi incolti, per poi fare la frittata o il risotto. 

Questo è ciò che voglio portare con me; una città che, malgrado le nostre, ma soprattutto mie differenze, ha saputo darmi tanto. E mi ha insegnato davvero tanto sulla natura, sul rispetto verso gli animali, sull'importanza della tradizione e della terra. 
Una terra che, a parer mio ringraziamo poco per quello che riesce a darci quotidianamente.

Posso dire quindi, che questa è una ricetta che dedico a questa città, con il pensiero rivolto a lei, ogni volta che acquisto una zucca.


PER LA BASE
3 tazze tra noci e mandorle
1 punta di cucchiaino di vaniglia 
1/2 cucchiaio di burro di cocco 
4 coppapasta rotondi della tessa dimensione (8cm di diametro)
1 cucchiaio di  polvere di cacao crudo

PER IL RIPIENO
3 tazze di zucca Mantovana ( circa 350gr)
1 tazza 1/2 di latte di cocco
1 cucchiaio di burro di cocco 
6 cucchiai di succo d'agave crudo 
1 cucchiaino di zenzero fresco
2 cucchiaini di cannella
1/2 cucchiaino di noce moscata
una punta di cucchiaino di curcuma 

PER LA GLASSA

2 cucchiai di polvere di cacao crudo
3 cucchai di succo d'agave
2 cucchiai di acqua

granella di pistacchi (facoltativa)

PROCEDIMENTO

PER LA BASE
Metto nel frullatore tutti gli ingredienti e frullo fino a quando non si sono amalgamati bene gli ingredienti. Rivesto la parte inferiore dell'anello con della pellicola o uso una tortiera e metto il composto di frutta secca nello stampo rivestendo bene la base.

PER IL RIPIENO
Frullo tutti gli ingredienti fino a farli diventare una bella crema. Riempio il mio stampo e livello bene la crema scuotendolo leggermente. Lo lascio poi in frigo tutta la notte, così diventa bello sodo ;)

PER LA GLASSA
in una terrina mescolo tutti gli ingredienti, fino ad ottenere una crema liscia. 

ASSEMBLAGGIO
 Dopo aver preparato la base verso sopra la crema di zucca e lascio riposare in frigo per almeno 8 ore. Passato il tempo di riposo, preparo la glassa e la granella di pistacchi. Intingo poi una forchetta nella glassa di cioccolato e la passo sulle tortine; decoro poi con la granella.